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sabato, 6 Settembre 2025

L’importanza delle Zone umide nostrane: il Rio Patoch

A San Canzian l'incontro, avvenuto ieri, per discutere del progetto di rinaturalizzazione della Roggia del rio

06.02.22-07.30-Sabato 5 febbraio, in occasione della Giornata Mondiale delle Zone umide in ricordo dell’anniversario della “Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale”, firmata a Ramsar (Iran) nel 1971, il circolo “Ignazio Zanutto” di Legambiente ha organizzato un incontro pubblico per presentare il progetto per la rinaturalizzazione del “Rio Patoch”, un’antica Roggia di San Canzian d’Isonzo. Il progetto si potrà realizzare grazie alla collaborazione con il Consorzio di Bonifica della Venezia Giulia, che mette a disposizione il suo ruolo di gestore del reticolo idrografico. All’incontro, patrocinato dall’Amministrazione comunale di San Canzian d’Isonzo, ha partecipato anche la Sezione Isontina della Società Friulana di Archeologia. Si è parlato di questo primo passaggio, nella speranza si possano adottare successivi ‘steps’ su altre questioni, come ad esempio fonti rinnovabili, manutenzione dei corsi d’acqua e sistemi di nidificazione. Il sindaco di San Canzian, Claudio Fratta, afferma: “L’acqua è vita, sappiamo bene che questa è una zona ricca di risorgive ed è per questo che con questo progetto vogliamo rivalorizzare la memoria storica del nostro territorio. Importante è anche sensibilizzare i nostri giovani a riguardo”. Fortunatamente, nelle zone non ci sono mai state grosse problematiche di allagamenti, afferma il presidente del Consorzio di bonifica FVG Enzo Lorenzon. La vicepresidente del circolo monfalconese di Legambiente, Valentina Tortul ha poi spiegato le origini della Giornata Mondiale delle Zone Umide per poi sottolineare l’importanza del ripristino delle zone naturali, in quanto la distruzione di esse ha causato anche la perdita di biodiversità: “Quotidianamente numerose specie di animali si estinguono e molte altre sono minacciate. A livello internazionale la gestione della salvaguardia è gestita dall’Agenda 2030. Il nostro progetto rientra in questo ambito ed è un piccolo tassello per la preservazione.” La vicepresidente ha inoltre ricordato che in regione abbiamo tre zone Ramsar (Zone Umide di importanza Internazionale): la prima è Valle Cavanata, un’altra è la Laguna di Marano e le Foci dello Stella e l’ultima è la Riserva della Foce dell’Isonzo-Isola della Cona. Continua poi specificando l’intervento in questione: “Un tempo San Canzian era piena di corsi d’acqua, c’era anche la roggia della Chiesa. La roggia Rio Patoch ha origine in via Trenta Mule, andando poi verso la zona del Rondon dove c’era il mulino e proprio lì prende il nome di Rio Rondon sfociando nell’antico corso d’acqua chiamato fiume Brancolo, quello originale. Esso si differenzia dall’attuale Brancolo, artificiale, che ha preso il nome dalla bonifica del Brancolo che ha asciugato tutti questi territori. Ai tempi si può notare come ci fosse un’idrografia completamente diversa e la stessa San Canzian lo era.”
Ma quali sono i servizi ecosistemici forniti dai fiumi e dalle zone umide? 
  • Sono componenti essenziali del paesaggio
  • regolano i flussi idrici
  • trasportano i sedimenti
  • mitigano e compensano i cambiamenti climatici

Ruolo importante è anche quello della vegetazione fluviale in quanto:

  • protegge dall’erosione di sponda
  • ombreggia le acque mantenendo temperatura ed ossigenazione
  • abbatte gli inquinanti
  • apporta nutrienti
  • offre rifugio per la fauna

Proprio per questi motivi anche nelle città si stanno cercando di creare dei “corridoi ecologici” che collegano le aree verdi con quelle circostanti. “Nelle nostre zone potrebbero essere recuperate anche la roggia de Clici e la roggia Revoc” conclude Tortul. Subito dopo è intervenuta l’archivista Desiree Dreos che ha parlato del significato profondo delle zone naturali custodite fino ad oggi e di come le carte servano a dimostrare questo valore. La dottoressa ha quindi riportato le prime notizie grafiche della roggia che risalgono già al 1723. “L’Isonzo a quei tempi non era all’interno di argini ed inoltre la sua foce era un delta in continuo mutamento: grande risorsa, quindi, ma anche un problema per gli abitanti del territorio, che a volte si ritrovano all’asciutto mentre altre si ritrovavano invasi da queste acque che erano spesso torrentizie.” Da lì, ci si è ricollegati ai primi toponimi storici conosciuti che sottolineano la presenza di questi corsi d’acqua, tra essi “brodez”, uno dei toponimi più antichi della roggia di San Canzian, datato fine XVI secolo e derivante dallo sloveno indicante un “piccolo tratto poco profondo di fiume”, andando quindi a specificare che non si parlava di una semplice roggia, ma di una che ha origine da un corso di fiume più grande. Altro toponimo è “cantoni o canton”, ritrovato negli anni Venti del 1800 nel catasto austriaco, che identifica la zona a sud-est della roggia. In quel punto finiva il tragitto rettilineo e la linea diventava spezzata, creando questi ‘cantoni’ secondo angolature ben definite nel paesaggio. “Moriscoviza” indica poi una fetta di territorio su cui era presente un mulino, ovvero la zona nei pressi del mulino del Rondon. “Patoch o potoch”, infine, risale agli inizi del Settecento e sta ad indicare la roggia ma anche il paesaggio circostante, ovvero la terra o il corso d’acqua della parte più settentrionale del rio. Si nota, quindi, come ogni tratto di roggia cambiava nome a seconda delle caratteristiche paesaggistiche diverse in cui si trovava.

Lo sfruttamento di queste risorse era comunque in mano a pochi eletti, visto che mulini e boschi erano appunto sotto i più ricchi. In conclusione, l’intervento del capo ufficio progettazione dell’ente Emiliano Biasutto che ha parlato dell’intervento della roggia come acqua pubblica di proprietà del Consorzio della Bonifica del FVG :”L’intervento si concentra sul primo tratto che scorre nei campi e in maniera più consistente nella parte terminale. Per quanto riguarda la sorgente, verrà effettuata una rapida pulizia delle presenze infestanti in zona; successivamente si pensa di effettuare un piccolo accordo tra le due sponde, destra e sinistra, creando una specie di stagno ovvero una zona quasi lacustre che permetta alla sorgente di avere più spazio d’uscita; infine andremo ad installare una staccionata nei pressi dello stagno e della cartellonistica storica-naturalistica”. Per quanto riguarda la parte conclusiva: “Verrà stabilita l’installazione e la piantumazione di essenze alboree a macchia, senza creare però una barriera vegetale continua. Si andranno, inoltre, a re-inverdire le due banchine.” Tutto ciò andrà a creare un movimento della vegetazione della roggia. “Abbiamo riscontrato un po’ di problematiche sulla sponda sinistra, ad esempio un’attività agricola troppo spinta e troppo vicina al ciglio; inoltre la presenza di tane -oltre che delle nutrie- del gambero rosso della Louisiana. Per questi motivi si andrà a regolarizzare la situazione con un intervento di ingegneria naturalistica (ad esempio tramite pali di legno e drenaggio).”

Michela Porta

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