04.03.22-08.30-Da poco è stato approvato il bonus psicologo. Una misura necessaria, sicuramente non sufficiente, che va a dimostrare quanto sia stato impattante il periodo di pandemia. Ad attestare ciò, anche il gruppo di psicologi e psicoterapeuti- Elena Paviotti, Anna Cicogna, Lucia Becce- parte dell’associazione Telemaco Trieste che hanno risposto alle nostre domande.
In relazione ai disturbi psicologici, com’è cambiata la situazione pre e post pandemia?
La pandemia è stato senza dubbio un evento traumatico universale. Universale nella misura in cui ha colpito tutti ed ha toccato determinati punti esistenziali fondamentali dell’umano: la vita e la morte, la malattia, la caducità, l’imprevedibilità, il non controllo dell’esistenza. Tutti aspetti in qualche modo confusi, celati e ampiamente rimossi nell’epoca contemporanea. La nostra è stata ed è una vita centrata sulla prestazione, sull’attività, sul dinamismo. Una vita senza confini impossibili: una vita dove pressoché tutto è illusoriamente possibile, sotto ogni punto di vista. La pandemia ci ha obbligati a fermare questo sistema, causando un corto-circuito non solo intersoggettivo, ma soprattutto intrasoggettivo. È scorretto romantizzare la pandemia, perché è stata un dramma per tutti, anche se in modo diverso. Certamente però in alcuni casi ha reso possibile, quanto meno per un tempo preliminare, una messa in discussione critica delle nostre storie personali, dello stile di vita e dei progetti e desiderio rispetto al futuro. La solitudine, la distruzione dei riferimenti di vita consueti, lo stretto contatto con la questione della morte ha portato molte persone ad interrogarsi in modo nuovo rispetto a sé stessi. E, quando ci si fa domande che non si è mai osato farsi, emerge l’angoscia. Il tempo non è parso più come potenzialmente infinito, la velleità di controllo e padronanza sulla vita è emersa in tutta la sua limitatezza. Il tempo si è trasformato, al di là delle routine e delle distrazioni e, con esso, il nostro pensiero. Per un attimo abbiamo smesso di guardare soltanto fuori dalle finestre, puntando il dito sull’altro, e abbiamo cominciato chi più chi meno a guardare dentro casa; dietro ai nostri nomi, intravedendo una fotografia della nostra vita che forse non ci convinceva più così tanto. Poi la macchina economica e sociale ha ricominciato a funzionare. Con qualche arresto, ma la vita è tornata a riacquisire quel senso pre-pandemico. Qualcosa però è cambiato, in molti. Non è causale che numerose richieste di aiuto, così come l’esplosione di sintomi ansiosi, siano arrivate proprio in seguito alle riaperture. Abituarsi nuovamente ad un modo di vivere che è stato fondamentalmente stravolto non ha determinato soltanto sollievo e gioia. La crisi soggettiva ha tratto origine da quella frattura, da quel momento che ha causato una discontinuità nel continuum delle certezze. Il trauma pandemico è sì un evento universale in quanto globale, ma allo stesso tempo è particolare. Ogni fascia d’età, per le circostanze di vita specifiche in cui si trovava, ha accusato il colpo in modo diverso. Bisogna poi considerare che al di à di una stima generale, ogni soggetto è arrivato a quel momento con una determinata storia alle spalle. Il trauma pandemico ha nella maggior parte dei casi esacerbato e slatentizzato problematiche già presenti ma in qualche modo compensate nella quotidianità.
Avete notato un incremento di qualche problematica specifica in particolare? Se sì, con che prevalenza per fasce d’età e di sesso?
A Telemaco Trieste c’è stato senz’altro un aumento di richiesta di supporto per la fascia adolescenziale, sin dalle prime fasi dell’emergenza pandemica. Il lockdown a stretto con i genitori, la dad, il distanziamento tra pari, hanno messo a dura prova i ragazzi. Non c’è stato solo un aumento della casistica: purtroppo abbiamo notato anche un’ingravescenza nella sintomatologia riportata. Isolamento, ritiro scolastico, attacchi di panico, autolesionismo e in generale una sofferenza psichica importante che parla di una crisi individuale e dei legami. La pandemia inoltre è stata il detonatore per l’emergere di sintomi indicatori di una fragilità psichica importante, quali deliri e allucinazioni, che andrebbero sempre indagati molto seriamente e senza tergiversare: per questi sintomi non vale la cura del tempo, già di per sé discutibile. L’aspetto meno deprimente di questo quadro è che gli adolescenti sono molto propensi al cambiamento, hanno una grande plasticità. Se sostenuti e supportati adeguatamente, possono mostrare miglioramenti importanti.
Perché e quanto è così importante il bonus psicologo?
La richiesta di percorsi di supporto psicologico è cresciuta quasi del 50% a fronte della pandemia ma, secondo i dati dell’Istituto Piepoli per il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, il 21% di chi stava seguendo una psicoterapia nel 2021 ha dovuto interromperla per questioni economiche e il 27,5% di chi aveva intenzione di iniziare un percorso ha lasciato perdere, per le medesime ragioni. In questo panorama piuttosto fosco il “bonus psicologico” non si configura di certo come una panacea né tantomeno come un’alternativa al servizio pubblico: potrà essere richiesto da un fascia molto limitata della popolazione e prevede lo stanziamento del corrispettivo di circa 12 sedute. E’ chiaro dunque che non possa essere una risposta risolutiva a fronte di una situazione complessa e pervasiva come quella che abbiamo descritto, tuttavia è un intervento importante per due ordini di ragioni: come segnale e come supporto. Come segnale, timido ma necessario, della presa in considerazione da parte delle istituzioni di un bisogno crescente, di un’urgenza sociale, di un grido che si è tradotto in centinaia di migliaia di firme che hanno chiesto la messa in campo di questo strumento. Come supporto per le fasce più fragili che spesso non riescono a trovare una risposta pronta nel servizio pubblico, da tempo trascurato dalle amministrazioni, oberato da richieste sempre più pressanti e a corto di risorse. Un supporto per sostenere le spese iniziali di un percorso di terapia che ha però anche il valore simbolico di un riconoscimento basilare: il malessere psichico non è un capriccio. Un’ultima riflessione a riguardo ci viene dalla clinica: non appena è uscita la notizia del bonus ci sono arrivate diverse richieste in merito a come poter fare per accedervi, quali fossero le prassi da seguire, come richiederlo. Una richiesta che è la chiara misura della necessità dello strumento, per parziale e limitato che sia.
Con il Covid c’è stato un primo passo verso una maggiore consapevolezza da parte delle istituzioni sulla necessità di preservare il benessere psicologico delle persone: quale dovrebbe essere l’obiettivo da raggiungere e, a vostro giudizio, a che punto siamo oggi?
In Italia abbiamo il 50 per cento in meno degli psicologi sia per gli adulti e sia per gli adolescenti. Per la psicologia infantile ed evolutiva, la media europea è di 6,3 psicologi ogni 100 mila abitanti: la media italiana è 2,9. Per gli adulti la media europea è 10,7, per l’Italia è 5,3. Queste figure si trovano quasi esclusivamente nei servizi sanitari specialistici e di secondo livello: salute mentale, dipendenze, neuropsichiatria. È più scarsa la rete psicologica di primo livello per la prevenzione, la promozione e l’ascolto. È in quel primo livello che la presenza degli psicologi sarebbe necessaria, per evitare che il servizio pubblico intervenga solo quando i problemi si sono già aggravati. Il bonus psicologico arriva come supporto alle difficoltà evidenti della sanità pubblica a sostenere la domanda pressante dell’utenza. È un primo passo importante, perché restituisce il messaggio che c’è un riconoscimento da parte delle istituzioni della sofferenza psichica delle persone. D’altro canto sicuramente c’è la necessità di lavorare su due versanti: a livello di prevenzione, lavorando su quegli aspetti che sono protettivi del benessere psicologico, e dall’altro sull’implemento a livello pubblico di risposte che possano essere fruibili dalle fasce più fragili della società. Proprio in queste settimane a Trieste si protesta per una legge che intende dimezzare i distretti, e ridurre le risorse della psichiatria. È un campanello allarmante per una città che storicamente e culturalmente aveva rivoluzionato la logica della cura psichiatrica grazie al lavoro appassionato di Franco Basaglia. Se dovesse essere approvata, riducendo le risorse nel momento di maggior bisogno, le conseguenze non tarderebbero a manifestarsi non solo per l’utenza più a rischio, ma anche per tutta la nostra comunità. Per concludere, l’approvazione del bonus è appunto soltanto un primo, piccolo, segno politico rispetto all’importanza della salute mentale, troppo spesso considerata un aspetto trascurabile, un bene di lusso soltanto per chi può permetterselo. Perché ciò che non si vede non è un ‘male’. Invece la sofferenza psichica e la mancanza di possibilità di accesso alle cure ha gravi ricadute sanitarie, sociali e culturali.
[m.p.]