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sabato, 6 Settembre 2025

Ucraina, Gabriella d’Asburgo: “Putin si comporta come in Georgia nel 2008”

05.03.2022 – 09.00 – La guerra in atto tra la Federazione Russa e l’Ucraina potrebbe, per un osservatore distratto, sembrare una novità: l’irrompere di un conflitto militare nel cuore dell’Europa dopo mezzo secolo di pace. In realtà, se la prospettiva si sposta dall’Europa propriamente detta alle sue propaggini orientali, le schermaglie e le invasioni russe ai confini si sono succedute dagli inizi del duemila con una certa regolarità; aggredendo quei fragili stati confinari che condividono, nella mentalità e nella cultura, molta della tradizione della vecchia Europa. È il caso dello stato della Georgia, il cui regime liberale era stato rovesciato nel 2008 con un intervento armato della Federazione Russa. L’Arciduchessa d’Austria e Principessa di Ungheria e Boemia Gabriela d’Asburgo-Lorena, impegnata da decenni per l’inserimento della Georgia nei paesi dell’Unione Europea, era all’epoca presente proprio nel paese, quale professoressa d’arte all’Accademia della capitale georgiana, Tbilisi. Come raccontava ancora per il Financial Times nel 2011, “Quando venni in Georgia per la prima volta, ebbi la sensazione di essere giunta nelle radici dell’Europa. La Georgia per me è la sua culla. È la più vecchia nazione ad avere il cristianesimo come religione di stato, iniziando ancora nel quarto secolo. Pertanto i valori della Georgia sono i valori dell’Europa”. Quando Putin invase il paese, fu proprio l’Ucraina a sostenerne la causa e, in ultima analisi, a impedirne una piena russificazione. Non a caso durante l’esposizione artistica internazionale del 2019 a Tbilisi erano numerose le opere d’arte ucraine, tutte con una forte caratura politica. Lungi dall’essere pertanto un’eccezione o la decisione di un dittatore folle, l’invasione dell’Ucraina rientra pienamente nel corso d’azione della Russia di Putin.

Carlo d’Asburgo-Lorena, a capo della Casa reale dal 2007 e fondatore e presidente dell’organizzazione politica Paneuropa-Austria dal 1987, ha condannato ufficialmente l’invasione ucraina con una dichiarazione per Trieste News dove il giudizio appare durissimo, senza appello:
“Mentre inizialmente s’ipotizzava che lo schieramento di truppe di Putin mirasse all’annessione dei territori nell’Ucraina orientale già precedentemente occupati dai mercenari russi, i massicci attacchi che si sono verificati hanno reso evidente che è interessato a conquistare l’intero paese. Putin pertanto sta seguendo uno schema familiare a precedenti guerre di conquista lanciate da dittatori agitati da fantasie di potere. Per questa ragione, si teme che ulteriori avanzate delle truppe russe condurranno a epurazioni massicce e a campi della morte (death camps), indifferente che siano chiamati campi di concentramento o gulag. Se la conquista dell’intera Ucraina non si rivelasse fattibile, Putin cercherà sicuramente di guadagnare una via terra per Tiraspol (capitale della Transnistria, n.d.r.), di tagliare l’Ucraina dall’accesso al Mar Nero e di causare quanta più distruzione possibile nel resto del paese”

“Per il mondo libero, è più che mai urgente che s’incrementino massicciamente le sanzioni contro la Russia e si tagli fuori lo stato dal pagamento bancario SWIFT, mentre al tempo stesso s’impongono sanzioni dirette su Putin e i quadri dirigenti responsabili per questa guerra. Devono essere emarginati dai propri asset in Europa e da ogni parte del mondo libero.
Il cinismo brutale con cui Putin sta agendo viene evidenziato dal fatto che la guerra di aggressione sta venendo lanciata in un periodo in cui proprio la Russia siede nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Questo solleva l’interrogativo se il Consiglio di Sicurezza sia ancora capace di agire a tutti gli effetti.
È imperativo preparare una condanna di Putin di fronte alla Corte Penale Internazionale. Ma i servizi di intelligence europei avranno anche parecchio lavoro da fare per contrastare la massiccia campagna di disinformazione lanciata in tutte le nazioni europee dai sostenitori del dittatore russo. In ogni caso, l’Europa ormai dovrebbe essere conscia di doversi preparare a un’ondata di profughi di guerra che dovrà aiutare, quali vittime dell’aggressione di Putin, senza inutili intralci burocratici”.

Intervistata da Trieste News con le valigie pronte per la Georgia, dove serpeggiano nuovamente venti di guerra, Gabriella d’Asburgo ha invece ricordato l’esperienza nel paese caucasico, senza nascondere la preoccupazione per le sorti degli ucraini:
“Nel 2008 ebbi modo di osservare sul terreno in Georgia i preparativi per la guerra intentati dalla Russia di Putin. Si verificò una drammatica escalation a seguito del summit NATO a Bucarest, nell’aprile 2008, quando la Georgia e l’Ucraina non ricevettero alcuna indicazione per unirsi alla NATO, ma solo l’indecente proposta che avrebbero potuto unirsi in un lontano futuro. Inizialmente la Russia si limitò a distribuire passaporti russi su larga scala presso i confini (passaportization) nelle regioni di Tskhinvali e Abkhazia. La stessa cosa avvenne poco dopo anche in Crimea e nel Donbass. Questo diede a Putin il pretesto legale per difendere la popolazione russa. Successivamente personale militare venne dislocato su larga scala ai confini delle due regioni; l’Ossezia del Sud come la definisce Putin.
La pressione sui confini crebbe esponenzialmente con passaggi non autorizzati e attacchi sui paesi confinanti. Il passaggio successivo fu una forzata evacuazione di donne e bambini mediante bus in Russia, propagandata come una mossa umanitaria sulle televisioni nazionali. Infine venne l’invasione russa che travolse l’intera Georgia. Solo la capitale, Tbilisi, venne risparmiata dal coraggio e dalla pronta reazione di cinque capi di governo. Questi furono la Polonia, l’Ucraina, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia. Tutte e cinque presero parte alle dimostrazioni contro l’invasione russa nel centro della capitale e ufficialmente annunciarono che non avrebbero abbandonato la Georgia fino a quando le truppe non si sarebbero ritirate. Questo profondo supporto, e agli occhi dei georgiani, eroico coinvolgimento impedì il bombardamento di Tbilisi”.

“Mentre seguivo le notizie nel 2014 nel succedersi dell’invasione in Crimea e nell’occupazione del Donbass, ho osservato lo stesso, esatto, schema.
E ora nel 2022 la Russia ha applicato la stessa tattica da manuale della guerra ibrida fino all’ultimo dettaglio, includendo persino l’evacuazione forzata di donne e bambini coi bus da Donetsk e Luhansk. Era chiaro per me che un grande attacco militare era imminente.
Tuttavia nessuno avrebbe mai immaginato la barbarie dell’uso di bombe a grappolo e di termobariche, senza poi considerare la minaccia di utilizzare armi nucleari tattiche.
La distruzione in atto nel paese e nei suoi splendidi siti storici è già stato devastante.
Lo schema è sempre identico. Se l’occidente avesse preso una decisione nel 2008, o quantomeno nel 2014, e avesse confrontato la Russia con una reazione appropriata e con sanzioni severe, questa catastrofe umanitaria e politica del 2022 avrebbe potuto essere evitata”.

Ma vi sono legami, alla fine, tra l’Ucraina e la Russia, tra la Georgia e la Federazione, al di là dei ragionamenti geopolitici? Cosa unisce e nel contempo divide queste nazioni?

La Russia occidentale, l’Ucraina e la Georgia sono paesi cristiano-ortodossi. Quello che li distingue principalmente è la tipologia di governo. Gli effetti della geografia e della storia nella situazione corrente sono aggravati dallo scontro tra due fondamentali visioni della geopolitica: una guarda avanti verso una comunità di interessi regolata da leggi che mira a raggiungere risultati positivi per entrambi i contendenti che riflettano anche le realtà geo-economiche del ventunesimo secolo; l’altra ha una visione ottocentesca, ristretta e territoriale di cosa costituisca un interesse per l’altro”.

[z.s.]

Zeno Saracino
Zeno Saracinohttps://www.triesteallnews.it
Giornalista pubblicista. Blog personale: https://zenosaracino.blogspot.com/

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