01.06.2024 – 14.13 – Una Gorizia ‘nell’occhio del ciclone’. È giunto anche a Trieste il romanzo ‘Marietta’ dello scrittore tedesco Volkmar Iro: una diafana storia d’amore nella cornice della Gorizia sotto assedio del 1915-16, dall’inconsueta prospettiva di un soldato austriaco. Si tratta d’altronde di un’opera giovane: ha solo centosette anni e il suo autore era uno di quegli ufficiali impegnati nella difesa della Nizza austriaca. Si tratta infatti della prima traduzione di un romanzo transfrontaliero, scritto negli ultimi fiochi bagliori dell’impero austriaco: e non a caso giunge sugli scaffali a mesi di distanza dall’appuntamento di GO!2025.
La presentazione di Marietta è avvenuta lo scorso martedì 25 giugno 2024 nella cornice del Circolo della stampa. Presentavano e illustravano l’opera lo storico Fulvio Senardi, presidente dell’Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione di Trieste e Gorizia e lo storico musicale Massimo Favento, presidente di Lumen Harmonicum.
Il Presidente del Circolo della Stampa Luciano Santin, presentando l’incontro, lo ha definito “un libro affiorato dal maelstrom della Grande Guerra”. Santin ha osservato che “si parlava spesso di Trento e Trieste in Italia, ma non di Gorizia”; pertanto “si inventò la Gorizia redenta, città martire sotto il fuoco austriaco prima, italiano poi”. Infatti Marietta “restituisce il clima di una città devastata dove la morte era all’ordine del giorno”.
Favento, approcciando ‘Marietta’, ha ricordato che “il signor Sanzin scoprì questo libro in città vecchia e a lui va la nostra riconoscenza”. Infatti “spesso ci si dimentica dei ‘portatori d’acqua’, anche in letteratura”.
Ma perché tradurre Marietta? Ebbene il romanzo – bestseller nel 1917 – “è stampato in originale in gotico tedesco ed è molto diffuso tra le case goriziane, risultando però per i più illeggibile”. La Regione eroga, all’interno del progetto Eureka, appositi fondi per la traduzione di vecchie opere; e Marietta è rientrata in uno di questi casi, avvalendosi di un ricco apparato di note grazie allo storico e oplologo Roberto Todero e al giovanissimo ricercatore Andrea Muselini.
Il romanzo, “privo di intenti nazionalisti” nonostante l’autore fosse un soldato, venne stampato a Graz, ristampato a Lipsia e conobbe una grande diffusione nell’impero austriaco.
Ivo Volkmar proveniva a sua volta dai sudeti; era pertanto un tedesco austroungarico in Boemia, il cui padre deputato al Parlamento di Vienna era stato un acceso pangermanista. Sotto l’esercito austroungarico Volkmar era stato un artigliere impiegato sul fronte goriziano. Non a caso, oltre alla città, l’altro grande protagonista è il Podgora. “Si genera un effetto straniante – ha osservato Favento – perché si passa dai caffè-teatro al Podgora nell’arco di poche pagine”.
Senardi ha osservato, commentando Marietta, che “il genere letterario che fa odiare maggiormente la guerra è proprio la sua letteratura”. Il romanzo infatti era “un instant book del 1917, un libro di grande tempestività con due edizioni e una ristampa” che ricevette “un’accoglienza generosa e simpatica”.
Lo storico ha poi analizzato la struttura peculiare di Marietta: “un quadrato amoroso” con “tre pretendenti e una sfuggente Marietta, nella condizione di ‘donna desiderata’”. I soldati austriaci protagonisti dell’opera “sentono Gorizia austriaca e la difendono come tale” con “una prospettiva che permea l’intero libro”. Man mano che il romanzo continua, Gorizia si svuota, ‘muore’ sotto i bombardamenti italiani: “il polipo della guerra s’impadronisce della città e la divora”. Pertanto Marietta è definibile come “un romanzo di guerra con l’asse di scorrimento temporale fornito dalla vicenda amorosa di Mariette”. E inoltre il romanzo “è l’unico, nella prima guerra mondiale, che racconta di una città assediata”.
I soldati, riflettendo la convinzioni di Ivo Volkmar, “sentono di essere parte di un esercito multinazionale”, con “una totale mancanza di odio verso il nemico” e “l’auspicio che dalla guerra possa sorgere l’unità dei popoli”.
Marietta quale personificazione di Gorizia? Potrebbe essere, secondo Massimo Favento; dopotutto si passa “dal conquistare una donna a conquistare una trincea”. Purtroppo, seppure nella generosa apertura verso i popoli austroungarici dell’autore, “non ‘è traccia degli sloveni goriziani”. Viene però celebrato l’eroismo, tra i ranghi austriaci, dei “dalmatiner”, i soldati Dalmati.
[z.s.]