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domenica, 21 Settembre 2025

Come comprare follower in modo etico e perché non è sempre una cattiva idea

13.06.2025 – 10.35 – Nel 2025, la presenza online non è più un’opzione, ma un’estensione della propria identità. Questo vale per i brand, per chi lavora nello spettacolo, per chi vuole vendere un servizio, ma anche per chi semplicemente ha qualcosa da dire. E no, non serve essere influencer per sentirsi tagliati fuori se il tuo profilo social resta fermo da anni, senza crescere e senza interazioni.
Così arriva quella domanda scomoda che prima o poi tutti si fanno: comprare follower ha senso? La risposta non è né sì né no. Dipende da come lo fai. E soprattutto da perché lo fai.

Non si tratta di gonfiare il numero, ma di iniziare a giocare
Chi lavora nel digitale o vive di immagine sa che i numeri non sono tutto, ma sono quello che le persone vedono prima di tutto. Ecco perché la cosiddetta “social proof” (cioè l’effetto del numero di follower sull’autorevolezza percepita) conta. Ti seguono di più, se vedono che qualcuno ti segue già.
Il problema nasce quando si vogliono numeri a tutti i costi. Profili pieni di bot o account finti oggi non solo sono facilmente riconoscibili, ma vengono penalizzati direttamente dagli algoritmi. Questo vale su Instagram, TikTok, YouTube… e sempre più anche su LinkedIn.

Ma allora, si può comprare follower in modo pulito?
Sì, se si parte da una visione strategica. L’obiettivo non dev’essere avere “10.000 follower entro domani”, ma creare un contesto in cui il tuo profilo sia credibile per chi lo visita per la prima volta. Alcuni servizi permettono questo tipo di approccio.
Un esempio è marketing-seo.it, che offre promozioni graduali e segmentate, senza spam, senza database di utenti dormienti, ma con campagne che mostrano i tuoi contenuti a persone reali tramite canali e network. Da lì, se il contenuto è valido, l’interazione avviene in modo naturale.

A chi serve davvero?
Non solo a chi vuole farsi bello al bar o a chi lavora nel digitale. Serve a chiunque voglia curare la propria presenza online in modo più strutturato. Ecco alcuni casi concreti:

  • Un artista indipendente che lancia il primo EP e vuole creare il giusto impatto
  • Un personal trainer che ha bisogno di sembrare affidabile al primo sguardo
  • Un negozio locale che vuole farsi notare nel feed dei suoi potenziali clienti
  • Un libero professionista che vuole chiudere il cerchio tra sito, LinkedIn e Instagram
  • Un aspirante attore, performer o creatore di contenuti che punta al mondo dello spettacolo
  • Un appassionato di moda, cucina o viaggi che vuole creare una community intorno ai suoi interessi
  • Anche chi semplicemente vuole presentarsi meglio, magari per un progetto personale o per puro gusto

Ogni social ha il suo linguaggio e le sue trappole
Instagram è ancora dominato dall’estetica, ma ormai chi scrolla cerca autenticità. Avere 3000 follower può aiutare, ma se nessuno commenta, il castello crolla.

TikTok è più dinamico. Qui anche un profilo con 200 follower può esplodere grazie a un video virale. Ma se ci sono migliaia di follower e zero like, l’effetto “profilo costruito a tavolino” fa scappare tutti.

YouTube è un caso a parte: più iscritti hai, più i video hanno una chance di essere consigliati. Ma conta molto di più la durata di visualizzazione e la frequenza con cui pubblichi.

Facebook continua a essere un punto di riferimento per il pubblico più adulto e per chi cerca contenuti informativi e discussioni nei gruppi. Anche qui, un numero solido di follower dà credibilità, ma è l’interazione nei post a fare davvero la differenza.

Spotify non è un social classico, ma per artisti e podcaster è uno spazio fondamentale. Avere ascolti e follower può aiutare a finire in playlist editoriali o algoritmiche, aumentando la visibilità organica.

LinkedIn, invece, è lo spazio professionale per eccellenza: numeri credibili rafforzano la tua autorevolezza, ma vanno accompagnati da post coerenti con il tuo settore.

In tutti i casi, se usi una spinta per partire ma poi non ci metti contenuto, valore e costanza, il numero da solo non serve a niente.

Attenzione ai falsi miti
“Tanto tutti lo fanno” non è una giustificazione. E nemmeno “se pago, funzionerà”. I servizi che promettono “10.000 follower in un nano secondo” spesso:

  • Riempiono il profilo di utenti inattivi e non coinvolti
  • Non offrono supporto o spiegazioni su come avviene la promozione
  • Utilizzano metodi che rischiano di far bloccare o penalizzare l’account

Un servizio serio, invece, ti accompagna. Ti spiega come funziona, ti dà supporto e ti aiuta a costruire una crescita coerente, anche se parte da un impulso esterno.

Il valore non è nel numero in sé, ma nell’essere più visibili per iniziare a far parlare davvero i tuoi contenuti. Perché oggi il marketing non si limita a un profilo social: serve una presenza coerente su più canali. Questo significa anche lavorare con articoli, guestpost, comunicati stampa, e non solo post su Instagram o TikTok.
Paghi per farti vedere, non per rimanere invisibile tra migliaia di profili. Non si tratta di fingere, ma di attivare un meccanismo che può aiutarti a emergere se i tuoi contenuti sono validi.

Un investimento, non un trucco
Spendere qualcosa per farti notare quando hai qualcosa da dire non è vergognoso. Lo fanno gli artisti con i videoclip, lo fanno i brand con le ads, lo fanno i giornalisti con i lanci stampa. Perché non dovrebbe farlo anche un profilo personale o professionale che vuole partire bene?
Comprare follower non è una scorciatoia. È solo una spinta. Ma se non sai dove vuoi arrivare, rischi di cadere.

Conclusione
Chi vuole crescere oggi sui social deve sapere una cosa: i contenuti sono la base, ma da soli non bastano. In un mare pieno di voci, una piccola amplificazione iniziale può aiutarti a non affogare nel silenzio.
Se fatta bene, con criterio, l’acquisto etico di follower può essere uno strumento utile. Non risolve tutto, ma ti mette nelle condizioni di iniziare. E se non hai paura di metterci la faccia, allora tanto vale che qualcuno la veda.

[n.t.k.]

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