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sabato, 6 Settembre 2025

Figli e sonno: se si addormenta solo in braccio?

20.02.2022 – 09.00 – Tutti abbiamo delle domande difficili, scomode da articolare, questioni che non sappiamo a chi porre, che non riusciamo a dire.
Telemaco risponde” è uno spazio in cui poterle mettere in parola, anonimamente, ricevendo una risposta cucita su misura.
È possibile contattare Telemaco Trieste, associazione formata da psicologhe e psicoterapeute che si occupa della clinica dell’infanzia e dell’adolescenza, all’indirizzo: [email protected].
Domanda: Buongiorno, ho una figlia di 10 mesi ed è la mia primogenita. Mi hanno parlato di regressioni e fasi del sonno e non so se anche questa cosa che mi succede ne faccia parte. Di solito io e il mio compagno facciamo addormentare nostra figlia in braccio e poi la mettiamo nel suo lettino. Ultimamente capita spesso che appena la mettiamo nel lettino si sveglia, se la prendiamo in braccio si addormenta a contatto col nostro petto. Come mai? Cosa possiamo fare?

Risponde Chiara Manzato per Telemaco Trieste: Cara A, la ringrazio per questa domanda ricca di stimoli su un tema così delicato come il sonno dei bambini.
Le caratteristiche e le modalità del sonno si modificano nel corso della vita, cosa evidente soprattutto nel primo anno. Il sonno è un aspetto molto complesso della crescita, condizionato da diversi fattori che fanno sì che ogni bambino abbia un suo modo unico di dormire. Durante questo primo anno di vita, mediamente, un neonato inizia dormendo tra le 16 e le 18 ore al giorno, senza fare distinzione tra il giorno e la notte, per poi allungare le ore di veglia rispetto a quelle del sonno. In questo periodo ci sono due momenti dello sviluppo molto importanti legati al ciclo circadiano e al sonno:
Verso i 3-4 mesi il neonato inizia ad essere influenzato dagli stimoli ambientali e gradualmente si adatta al ciclo luce-buio di 24 ore.
Verso gli 8-9 mesi compare l’angoscia di separazione.
Faccio un breve passo indietro. Al momento della nascita il neonato si trova in una condizione di totale dipendenza dall’altro, è impotente rispetto agli stimoli che riceve.
Il cucciolo d’uomo è l’unico mammifero a dover compiere un periodo gestazionale fuori dalla pancia, un po’ come il piccolo di canguro, se ci pensiamo, che deve essere trasportato nel marsupio della mamma fino a che non sarà pronto per camminare e saltare da solo. Un bambino impiega circa un anno per arrivare ad essere quasi autonomo. Il “quasi” sta ad indicare, tuttavia, il fatto che sarà dipendente dai genitori per diversi anni, ma sarà un tipo di dipendenza diversa.
Il periodo di esogestazione (questa seconda gestazione fuori dalla pancia) ha a che fare con il contatto fisico, con il contatto della pelle; nessun neonato può sopravvivere senza questo contatto. La sua domanda lo esplicita molto chiaramente quando dice che vostra figlia si addormenta in braccio solo se a contatto con il vostro petto.
All’inizio della vita, infatti, questo scambio di sensazioni immediate, epidermiche è un bisogno vitale, anche più della fame, ci sono diversi studi che lo dimostrano. Tuttavia al bambino non basta il semplice contatto, ha bisogno anche della tenerezza che passa attraverso quest’ultimo.

Gli abbracci e il contatto ricreano le condizioni intime e rassicuranti del grembo materno ed è in questo senso che il distacco può portare alcuni bambini a svegliarsi e a ricercare nuovamente quelle sensazioni di maggiore benessere.
Cosa succede tra gli 8 e i 10 mesi? Proprio durante questa fase della crescita il bambino inizia un processo di individuazione, che va di pari passo con la separazione. Il bambino inizia a muoversi, a guardarsi attorno, ad allontanarsi dalla figura materna o paterna, cosa che fino a poco prima non aveva fatto. Il bambino inizia ad esplorare il mondo che lo circonda e si apre verso l’esterno. Tutto ciò porta paura, proprio perché fino a quel momento il bambino era un “tutt’uno” con i genitori, ora invece inizia ad essere “solo” e alle prese con qualcosa di molto interessante, ma anche spaventoso. Allo stesso modo il genitore si allontana da lui, non è più sempre presente, compie il cosiddetto “andirivieni” che è l’alternanza di presenza e di assenza. Se ci pensiamo, in questo periodo, uno dei giochi più apprezzati dai bambini è il famoso “cucù”, che è il corrispondente del “fort-da” di Freud. Il“Fort-da” era un gioco che il nipote di Freud faceva gettando un rocchetto all’interno del lettino (che era coperto) per poi tirarlo fuori dal letto. Come si vede bene qualcosa scompare e poi improvvisamente riappare: ogni bambino, nel momento in cui ciò che è scomparso riappare, esulta. L’assenza del genitore e la sofferenza collegata alla sparizione vengono gestite attraverso il gioco, è una messa in scena. Questo è ciò che vive il bambino durante questa fase della vita.

Tutto ciò che modifica la vita del bambino e le sue abitudini crea un certo scompiglio e può riflettersi anche sul sonno, che è il momento in cui ci si lascia andare di più in assoluto. Chiudendo gli occhi la mamma o il papà spariscono, non ci sono più, e il bambino ha bisogno di essere rassicurato, che tornano, che non è stato abbandonato. È un momento fondamentale dello sviluppo, indispensabile e necessario.
Come fare? Purtroppo non c’è una ricetta magica, tuttavia si può creare un rituale per l’addormentamento. La caratteristica più importante del rituale è che sia ripetitivo: è proprio questo che rassicura. Se qualcosa si ripete allo stesso modo è prevedibile, significa che può essere controllata. Il rito serale può essere considerato come una pratica rassicurante che allontana le paure e permette di addormentarsi tranquillamente. Meglio quindi mantenere una certa ripetizione nei riti serali (come gli orari), ma se qualcosa si inceppa e compare un imprevisto è importante non farne un dramma.
È importante, inoltre, che ci sia una preparazione graduale al sonno, con attività calme e rilassanti, per poi avvicinarsi al sonno in un ambiente tranquillo, silenzioso e non molto illuminato.

Un’altra cosa è cercare di ricreare, nel lettino, un ambiente il più possibile contenitivo, mettendo ad esempio dei cuscini o delle coperte che possano creare degli spessori ai lati. Potrebbe essere utile mettere vostra figlia nel lettino quando è ancora in dormiveglia, così da rendersi conto di cosa stia succedendo.
Queste, tuttavia, sono solo delle indicazioni, siete voi i migliori esperti.
Volevo lasciarla con una bella immagine che mi ha gentilmente “donato” una collega, mentre mi parlava del suo gattino e di come quest’ultimo si fosse costruito una “tana” all’interno di un cuscino, di come in questo “nido” si senta protetto, rassicurato e possa abbandonarsi al sonno anche se lontano dagli altri.

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