08.03.22 – 12.30 – La situazione drammatica in Ucraina, da quanto riportato dall’Unhcr, The UN Refugee Agency, ha portato alla fuga – solamente nei primi sei giorni di guerra – di oltre 660 mila persone e, ad oggi, il numero dei rifugiati ha superato il milione e mezzo.
Già solo nelle prime battute del conflitto sono stati calcolati 15 chilometri di fila di persone in fuga a piedi e ben 70 chilometri di auto in coda in attesa di superare il confine. Prima dell’inizio della guerra, i cittadini ucraini residenti in Italia erano all’incirca 235.953.
Nella confusione e nella drammaticità del momento, tra la gente che fugge c’è anche chi va incontro alla guerra arrivando fin dove possibile per portare via i propri cari che, altrimenti, non avrebbero possibilità di scappare. É il caso del triestino Giuseppe Porta, classe 1960, che ha deciso repentinamente di partire per il confine polacco per andare a prendere sua moglie Olga. “Mia moglie si trovava nel paese natio per assistere sua mamma, ammalata” racconta Porta, spiegando che la donna “aveva prenotato un volo già dieci giorni prima, ma sono stati tutti annullati poco tempo prima dell’inizio del conflitto per paura degli attentati. Così si era informata per un pullman che doveva partire proprio il 24 febbraio. Tre ore prima della partenza, però, quando si era già messa in viaggio per raggiungere il bus, è stata avvisata che anche i pullman erano stati bloccati”.
In quella situazione, la donna si è quindi trovata impossibilitata a muoversi. “Mi sono sentito in dovere di andare. Altrimenti avrei rischiato di non rivederla più” continua l’uomo. E proprio la sera dei primi attacchi, Giuseppe decide di partire: “Sono arrivato al confine tra la Polonia e l’Ucraina a mezzogiorno di venerdì. Nel frattempo, Olga è stata accompagnata dal figlio a prendere un paio di cose a casa per poi arrivare il più vicino possibile alla frontiera.” Arrivati nei pressi del confine ucraino, i militari fanno scendere donne e bambini dai mezzi propri, per attendere il pullman e proseguire fino al confine polacco. La donna, che preferisce non esporsi troppo, conferma: “Dovevamo aspettare dei piccoli pullman, ne arrivavano uno ogni tre ore e, per chi aspetta a piedi e al freddo, soprattutto di notte, non è una bella situazione. Molti hanno accampato un fuoco per tenersi al caldo. Una volta sull’autobus, ho contato all’incirca 36 chilometri di fila. Dal confine dell’Ucraina a quello polacco sono stata in fila circa sei ore. Sul mezzo c’erano solo donne e bambini. Sono riuscita a portare con me anche due bambini, così si sono potuti rifugiare a casa di alcuni parenti polacchi. Arrivata al confine, ci hanno fatto scendere ed aspettare i pullman che arrivavano dalla Polonia, molto più grandi”. Attualmente la Germania ha messo a disposizione dei treni gratuiti per gli ucraini in arrivo dalla Polonia.
Appena arrivati in Polonia, a Lubycza Królewska, c’è una scuola, “Szkoła Podstawowa”, usata come base a disposizione per i profughi che sono appena arrivati. Le corriere lasciano lì donne e bambini ed i volontari polacchi danno il primo soccorso, dove è possibile mangiare e dormire. La Polonia ha allestito svariati alloggi temporanei per i rifugiati che non hanno da chi andare. Oltre a loro, anche Romania e Ungheria stanno ospitando tantissimi profughi. Olga afferma infatti che “La Polonia sta aiutando molto. In molti arrivano a piedi perché con l’auto si può aspettare anche una settimana in fila”. Giuseppe e sua moglie si sono riusciti ad incontrare sabato mattina. “Fortunatamente sono riuscito a sapere dov’era tramite una connessione internet nei pressi di un negozio. Il mio telefono, infatti, è stato bloccato in quanto ho sforato le possibilità di chiamata; lei, d’altro canto, non sapeva dove avrebbe fermato il pullman. Non ho dormito tre giorni ma l’importante è essere tornati a casa sani e salvi”.
Il ritorno a Trieste, dopo circa 3.000 chilometri di tensione, è avvenuto domenica mattina, ma la preoccupazione, per la donna, resta: “La mia città si chiama Kryvyi Rih e si trova a sud dell’Ucraina. Per ora i militari non ci sono ancora arrivati (al momento dell’intervista ndr.) in quanto hanno iniziato ad invadere a sud-est, ma sono a meno di 100 chilometri dalla città e sono già stati bombardati gli edifici militari. Per arrivare a Kiev, dovranno passare di qua. In città non abbiamo rifugi sotterranei. Gli anziani, però, sono quasi tutti rimasti. Nessuno vuole abbandonare la sua terra”. Nel frattempo, Giuseppe cerca di aiutare anche a distanza, e afferma: “Sono andato ad est autonomamente, ma facendo parte dell’Associazione Nazionale dei Carabinieri voglio dire che siamo in contatto con la Protezione Civile di Palmanova ed in attesa di sapere se sarà possibile aprire dei campi di accoglienza anche in Friuli”.
[Michela Porta]