26.04.2022 – 08.40 – Mai, come negli ultimi due anni, la logistica ha attraversato così tante problematiche e contemporaneamente mai è stata un elemento così importante nel funzionamento delle economie moderne. Difficile immaginare che i lockdown asiatici e occidentali potessero avvenire senza un’efficace logistica; ed è stato altrettanto importante il ruolo della logistica nella ripresa post Covid, dato evidente dalla pura massa di finanziamenti diretti verso i porti e le infrastrutture col PNRR (in Italia; ma non solo). Eppure, scendendo tra gli specialisti e gli addetti, la logistica vive anche il suo periodo più tormentato, più soggetto a continue crisi: sanitarie (il blocco di Shanghai); naturali (la crisi di Suez, l’anno scorso; il cambiamento climatico); politico-economiche (il rialzo dei noli) e infine belliche (il conflitto Ucraina-Russia).
Proprio quest’ultimo aspetto coinvolge in misura sempre maggiore il Nord Est, tanto a livello di tessuto produttivo, quanto per il funzionamento dello scalo giuliano, monfalconese e degli interporti. Assologistica Cultura e Formazione a questo proposito ha tenuto infatti negli scorsi giorni un webinar dal titolo: “Guerra Russia-Ucraina: le sanzioni e i rischi conseguenti sulla supply chain” volto a offrire uno sguardo “dal basso” alla questione. Conduceva la dr.ssa Lucia Iannuzzi, fondatrice di CTrade, società di consulenza doganale specializzata.
Il conflitto è infatti ufficialmente iniziato il 24 febbraio 2022, determinando immediatamente due conseguenze per il mondo della logistica: il blocco dello spazio aereo russo e un concomitante aumento dei prezzi del carburante. Il primo pacchetto di sanzioni americane ed europee, varato nei primi giorni dell’invasione, ha esacerbato ulteriormente la spirale dei costi dei noli, mentre sono parallelamente decollati i tempi di consegna.
Qual è caratteristica dell’Unione Europea, la reazione è stata di carattere burocratico, volta a porre in essere un meccanismo di restrizioni e sanzioni ampio e articolato, modellato sulle preesistenti sanzioni del 2014, varate nell’occasione della conquista della Crimea.
In particolare si è intervenuti sui regolamenti rispettivamente n. 833/14 che introdusse, otto anni fa, le prime restrizioni; n. 692/14 nato quale ritorsione contro la conquista della Crimea; n. 269/14che prevedeva il congelamento giuridico di determinati beni russi e infine il n. 263/22 che allargava le precedenti restrizioni nel campo merceologico e finanziario, colpendo stavolta l’occupazione del Donbass.
Quest’ultimo regolamento limita inoltre l’accesso al credito per le aziende russe, lo scambio comunitario e fuoriesce dall’ambito delle transazioni commerciali, sanzionando singoli cittadini russi (gli oligarchi; le gerarchie militari; ecc ecc). Tuttavia occorre porre speciale attenzione a questi “soggetti listati”, perchè per molte aziende russe non è possibile conoscere approfonditamente gli elementi della dirigenza; pertanto potrebbero esservi elementi della gerarchia di potere oggetto delle sanzioni europee all’interno d’imprese apparentemente esenti dalle restrizioni.
Le sanzioni varante dall’Unione essenzialmente possono essere suddivise tra quelle soggettive, bancarie/finanziarie e merceologiche. Il primo passo è stato infatti imporre un divieto generalizzato nei confronti degli aerei e successivamente delle navi russe, con un divieto di accesso sofisticato, capace di colpire anche i casi di navi russe che cambiassero la propria bandiera a guerra avvenuta, onde sfuggire alle limitazioni. Il divieto è stato poi ulteriormente esteso alle imprese di trasporto con sede in Russia; colpendo anche quelle solo in transito temporaneo.
Sotto il profilo merceologico è stato eliminato, con il regolamento n. 821/22, il cosiddetto “Dual use“: beni che possono contribuire al rafforzamento militare e tecnologico della Russia o allo sviluppo del suo settore della difesa e sicurezza; a cui sono stati aggiunti prodotti utili per la raffinazione, la produzione e la prospezione del petrolio.
Sembrerebbe semplice, ma non lo è: i prodotti in questione non sono stati infatti chiaramente etichettati e non basta la voce doganale per individuarli. Le aziende devono infatti, di prodotto in prodotto, leggere la descrizione e comprendere se è una merce dual use o meno. C’è pertanto un grado di ambiguità insito nei bizantinismi del regolamento; trasmesso a propria volta al successivo divieto, rivolto verso i beni di lusso.
Sostanzialmente l’Unione Europea non ha compilato, come ipotizzerebbe il pensiero comune, una lista di beni vietati; ma ha formulato un grande insieme di beni che vanno dai pannolini, ai frigoriferi, a oggetti di uso comune nella classe benestante, per i quali vi sono limiti di valore. Pertanto un frigorifero, ad esempio, non è un bene di lusso di per sé, ma lo diventa se supera un dato valore (ad es. 700 euro) o se viene esportato in grandi quantità.
Il livello di sofisticazione burocratica ha rinvenuto poi nuove vette quando nei divieti sono stati inclusi i termini contrattuali; se un contratto era stato siglato in precedenza, rimarrà valido, ma se è posteriore al conflitto in Ucraina non potrà essere considerato valido. Ma cosa costituisce un contratto? Un ordine di acquisto è un contratto? Una mail per un piazzare un ordine presso un’azienda è un termine contrattuale?
Quest’ambiguità burocratica si allarga agli stessi divieti di importazione; in apparenza semplici, perché vietano i beni siderurgici e quelli che garantivano il maggior profitto per la Federazione russa: rispettivamente concimi, legnami, vetro e carbone. Tuttavia anche in questo caso non si tratta di beni vietati ex toto, ma contingentati: possono essere importati, ma solo entro determinati limiti. La debolezza dell’Unione, consapevole di non poter fare a meno di determinate risorse russe, è qui più che mai evidente; tanto più se si considera come per i contratti conclusi prima del 9 aprile 2022 l’importazione rimane pienamente valida fino al 10 luglio 2022.
Quest’intrinseca ambiguità delle sanzioni di Bruxelles lascerà spazio, in una fase successiva, a un sesto pacchetto di sanzioni dove verrà colpito il gas; eppure come in precedenza si ripresenterà con ogni probabilità quel limite di valore tale da salvaguardare gli approvvigionamenti europei. Rimane, per chi con la logistica ci lavora, un mondo nel quale districarsi è difficile; accanto infatti all’elemento giuridico proprio delle sanzioni permane la realtà di un trasporto su gomma depauperato (12mila camionisti erano ucraini); di un settore agroalimentare e dell’automotive fortemente dipendente dall’Ucraina e come tale avviato verso la crisi; e infine la macro questione del Mar Nero e dei suoi traffici (a seconda di quale potenza vincerà il conflitto cambieranno anche le regole commerciali del Mar Nero, con evidenti conseguenze per la logistica).
Secondo la dr.ssa Lucia Iannuzzi occorre ripensare a nuove rotte, cercare nuove vie commerciali che aggirino i problemi (economici) e gli ostacoli (geografici): proporre una logistica regionale, basata su larghe scorte di materiale, non è una soluzione fattibile e rappresenterebbe un passo indietro. La stessa esperta doganale ha però ammesso che la logistica non potrà mai tornare ai livelli pre 2020, a quella logistica globalizzata nel senso più classico e liberale del termine.
[z.s.]