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sabato, 6 Settembre 2025

Premio Leali Young: la scrittura diventa voce. Agnese Baini si racconta

di Morena Pinto
27.06.2022 – 10.56 – Agnese Baini
, triestina d’adozione, è la vincitrice della prima edizione “Premio Leali Young” – in memoria di Cristina Visintini – promosso dal Festival di giornalismo “Leali delle Notizie” di Ronchi dei Legionari. In un viaggio tra passioni e aspirazioni, si delinea – con ardore – un vissuto nell’universo della scrittura.

Sei arrivata vittoriosa tra oltre 47 partecipanti con un prodotto culturale sul tema del carcere, in particolare con un focus sulla realtà triestina. Hai già affrontato questo tema delicato in diversi articoli online, ma in questo concorso hai scelto il mezzo podcast. Cosa ti ha spinto in questa direzione?

“Mi sono approcciata a questa modalità di comunicare quando abitavo all’estero: è stato un amore a prima vista. Ascoltare mi viene facile, anche questo mi ha sicuramente aiutata.  Ma a quanto pare, non è una questione personale: il podcast è un mezzo che funziona, l’ultimo anno lo testimonia – dati alla mano. Da due anni ormai, i podcast sono il mio pane quotidiano: dalla tesi finale al Master in Comunicazione della Scienza (SISSA) al lavoro da autrice. Fino ad arrivare a È tutta una questione di salti: desideravo raccontare con uno sguardo diverso un possibile testo scritto; la potenza dell’oralità cattura l’attenzione senza mezzi termini”.

Raccontaci dei tuoi podcast preferiti.

“Ammetto di non ascoltare i daily, ma soprattutto podcast fiction. Ho appena finito The Shadows: mi ha catturato fin dall’inizio. Altrimenti, in italiano, mi prende molto C’è vita nel Grande Nulla Agricolo di Johnny Faina”.

Trieste e l’esperienza basagliana: quando ti ha influenzata nella scelta del tema del podcast?

“Totalmente. Dal 2018, mi sono avvicinata al cuore della storia basagliana: San Giovanni. Lavoravo lì, in una sede dislocata dell’UniTs, e all’iconico Posto delle Fragole ho conosciuto le persone che hanno vissuto quella storia dal di dentro: Peppe dell’Acqua, Giovanna Del Giudice, Franco Rotelli. Mi si è aperto un mondo su quell’esperienza dirompente; è bastata la voglia di conoscere. Una grande rivoluzione italiana riflessa a Trieste, ma rimasta ai confini di San Giovanni: è davvero un peccato perché è una storia bellissima. Il manicomio è lo specchio di tante altre istituzioni totali, proprio come il carcere”.

Ti definiresti un’attivista in senso lato?

“Sì, decisamente. Sono anche un’osservatrice dell’associazione Antigone (Fvg): speciali autorizzazioni del Ministero permettono di entrare negli istituti carcerari di tutto il Nord-Est. La tematica del carcere mi sta molto a cuore, ma è molto complessa. I discorsi ideologici mi fanno rabbia, così come l’omertà. Bisognerebbe imparare molto dall’esperienza basagliana: Franco Basaglia e Franca Ongaro avevano ben chiaro che per riuscire a chiudere i manicomi, la società doveva essere d’accordo. Intorno ruotavano documentari, libri, conferenze, concerti: sul carcere i riflettori non sono così accesi”.

Leali dalle Notizie permette ai vincitori di affiancarli nell’ufficio stampa. In questa direzione, lampante è il tuo interesse verso il giornalismo. Quando ti sei avvicinata per la prima volta a questo mondo?

“Non escludo che la mia famiglia possa aver aiutato. Mia mamma è stata una giornalista prima di diventare assistente sociale, ma in casa si respirava ovunque aria di cultura: i giornali non mancavano, e neanche il desiderio di informazione. La scrittura, però, mi appartiene da sempre – insieme alla lettura. Dal 2018, ho iniziato a scrivere articoli con continuità, e ricercare forme innovative per raccontare storie. Non mi sembra così strano andare in questa direzione.”

E gli strumenti per un buon giornalismo, quali sono nella tua esperienza?

“Non sono ancora una giornalista, ma penso che gli strumenti multimediali siano la base al giorno d’oggi: podcast, video accessori alle notizie, account twitter. E non mancano delle sorprese: alcuni giornalisti pubblicano contenuti anche sulla piattaforma OnylFans, ben nota per prodotti pornografici a pagamento dei cosiddetti creator. Sembra stranissimo, ma i giornalisti che vogliono raccontare qualcosa si adattano ai media più diffusi. Pensiamo a TikTok –  ridicolizzato come il ‘social dei balletti’ – è oggi uno strumento forte per arrivare alle persone; il Washington Post ne è stato un apripista. A catena, tantissime testate hanno aperto il loro canale. Ma non meno importante è l’attitudine primordiale del giornalista: curiosità, domande a tutto spiano, desiderio di scoperta e determinazione”.

Dalla passione per la scrittura a una newsletter sui libri.  Da dove nasce l’idea?

“Sì, Matilda è figlia di una lettura quasi esagerata, a tratti me ne vergogno. I social facevano già parte del mio modo di comunicare. Postavo e twittavo i libri che leggevo, insieme a due appuntamenti immancabili: l’8 marzo per raccontare autrici femminili, e il 31 dicembre come recap dell’anno libraio. Vedevo i miei amici interessati, mi chiedevano spesso dei consigli. È partita da lì la scintilla. Sulle prime, mi era balenata l’idea di aprire un canale TikTok e forse non era così male a posteriori, visto il successo dei BookToker.  Agnese, hai 28 anni, datti una calmata, non puoi iscriverti a TikTok mi dicevo. Così ho iniziato con una newsletter mensile: uno spazio per i libri, ma non solo. A ogni testo, associo spunti e riflessioni collaterali: ogni libro-mondo ne apre degli altri come in una matrioska, sulla scia dei suggerimenti su youtube. Mi rappresenta appieno questo taglio, nella vita “parlo di una cosa e ne cito altre cento”.

Un altro tratto caratteristico compare in diversi tuoi articoli, dai toni pop: intermezzi di canzoni e citazioni famose. Cosa dice di te?

“Sono una figlia degli anni ‘90 (sorride ndr). A dir la verità, un corso di letteratura all’università mi ha ispirato. Guardando film e cartoni animati si può imparare molto dalla vita politica, sociale ed economica del mondo; più di quanto si pensi. Ricordo con stupore, infatti, L’arte queer del fallimento di Jack Halberstam: un’analisi innovativa de La ricerca di Nemo. Chi avrebbe mai pensato che sia possibile districare la semplicità, – solo apparente – di un cartone per parlare di temi complessi? Un altro esempio pop è il caso mediatico Britney Spears: temi legati al femminismo, al patriarcato e ai diritti finalmente emersi sul grande schermo, con uno sguardo critico a chi il cinema lo fa”.

Lanciata dalla premiazione, come ti vedi nel futuro?

“Scrivere è una certezza: podcast, testi per le newsletter e chi più ne ha più ne metta. Sto cercando di barcamenarmi nel mondo del lavoro, vedo lì il mio futuro. La premiazione mi ha reso soddisfatta del mio percorso, di vedermi riconosciuto qualcosa di mio. Ma è tutto in divenire. – “Da un lato, mi sembra di avere 28 anni e già una strada decisa, ma poi mi dico che ho un mondo davanti per cambiare idea. Chi vivrà, vedrà”.

[m.p]

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