10.05.2025 – 15:18 – Si cammina immersi nel verde, sembra di stare in uno tanti parchi pubblici in centro città. Ma ad un certo punto suona la campana, l’infermiera si avvicina, indica la porta alle sue spalle, è finita la pausa, è ora di tornare in stanza a riprendere le terapie. Le giornate ne ‘La Città dei Matti’ avevano un ritmo tutto particolare, com’era particolare quella piccola ‘città’ all’interno di Gorizia. L’immagine che si può vedere sopra, di Massimiliano Stabile, è una delle 90 fotografie esposte alla mostra fotografica ‘Il Parco Basaglia racconta…’. Quello che si vuole raccontare è un angolo di realtà molto spesso dimenticato, rinchiuso tra quattro mura e allontanato dal resto della ‘normalità’. Raccontare qualcosa di sconosciuto, un po’ per ignoranza, un po’ per il timore del diverso, attraverso l’arte della fotografia, che, con il suo linguaggio universale, può arrivare a più persone possibili.
Ecco allora al Centro di Salute Mentale di Gorizia (via Vittorio Veneto 174) una mostra aperta a tutti, e realizzata da tutti: ciò che si può vedere da sabato 10 maggio, fino a domenica 8 giugno, è il risultato delle passeggiate fotografiche svolte nei mesi precedenti da 80 curiosi provenienti da tutta la Regione. Grazie alla conoscenza storica dell’ex ospedale psichiatrico del dottore Franco Perazza, al fotografo d’architettura Andrea Rossato e alla guida naturalistica Sabrina Pellizon i partecipanti delle camminate di primavera, estate e autunno hanno immortalato la storia, l’architettura e la bellezza del complesso Parco Basaglia. Sempre per riflettere sul tema della follia, sono presenti anche le ‘Teste di carattere’ dello scultore tedesco Franz Xaver Messerschmidt, in collaborazione con la Fondazione Palazzo Coronini Cronberg. Hanno reso possibile l’iniziativa la Cooperativa La Collina, Associazione Fierascena APS, Associazione Mitteldream – Artegorizia, in collaborazione con International Society of Iconodiagnosis (ISI) e con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
Ad oggi Parco Basaglia ospita alcune sedi di ASUGI, e altre realtà del terzo settore, tra associazioni di volontariato e cooperative ed è oggetto di un progetto di riqualificazione, rigenerazione urbana e culturale. Ma ricordiamo che l’ex manicomio di Gorizia ha avuto un’importanza nazionale nella lotta contro la stigmatizzazione delle patologie mentali. Nasce nel 1911 sotto l’Impero Asburgico come manicomio, per poi diventare Ospedale psichiatrico provinciale dal 1933, ma è con l’arrivo del psichiatra Franco Basaglia nel 1961 che c’è la svolta. Il dottor Basaglia, considerato il padre del concetto moderno di salute mentale, comincia la sua rivoluzione operando sulla struttura psichiatrica di Gorizia. Aveva allestito laboratori di pittura e di teatro, aveva fatto nascere una cooperativa di lavoro tra i pazienti, aveva puntato ad un rapporto ‘orizzontale’ tra operatori sanitari e pazienti.
L’obiettivo era abbattere la demonizzazione dei malati mentali ed impegnarsi ad offrire un trattamento sanitario dignitoso, dichiarandosi contrario alle terapie fisiche come l’elettroshock. Non potendo rivoluzionare completamente la struttura psichiatrica, questa di Gorizia e l’ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste, si dedicò a un processo di re-integrazione sociale dei pazienti, arrivando a fondare, nel 1972 la CLU (Cooperativa Lavoratori Uniti), la prima cooperativa sociale del mondo. Portò avanti il grande cambiamento con l’approvazione nel 1978 della Legge 180 di riforma psichiatrica, chiamata appunto Legge Basaglia. È la prima e unica legge che impose la chiusura dei manicomi, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Ciò ha fatto dell’Italia il primo paese al mondo ad abolire gli ospedali psichiatrici.
La mostra ‘Il Parco Basaglia racconta…’ entra nella tradizione dei progetti di sensibilizzazione sulla psichiatria, come il libro del 1969 a cura dei coniugi Basaglia, ‘Morire di classe’, ispirato al rapporto sull’ospedale psichiatrico di Gorizia pubblicato l’anno prima dal dottor Basaglia. Nel libro, attraverso gli scatti dei fotografi Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin si documenta la situazione manicomiale degli internati di tutta Italia. Prima dell’azione di Basaglia non era possibile entrare a fotografare i manicomi italiani, per non ledere la dignità dei malati. In realtà, si voleva nascondere una realtà più cruda: sono immagini dure quelle di donne e uomini prigionieri, incarcerati, legati, puniti, umiliati ‘ridotti a sofferenza e bisogno’, come diceva Primo Levi.
[a.c.]