18.9 C
Gorizia
sabato, 6 Settembre 2025

Porte aperte o chiuse? Ecco il dibattito attuale sul CPR di Gradisca e il suo degrado

22.05.2025 – 16:07 –Guantanamo italiana’ è l’appellativo del Cpr di Gradisca d’Isonzo, uno dei dieci centri per il rimpatrio di immigrati irregolari presenti sul territorio nazionale. Da anni si sentono notizie di cronaca provenienti da centri di questo genere, tra rivolte, scontri, feriti, anche suicidi. Da Gradisca arrivano voci di trattenuti, che raccontano le condizioni (umanitarie, igienico-sanitarie, sociali) precarie, e delle forze dell’ordine. Quest’ultimi, che entrano nel centro per risolvere i disordini, denunciano la violenza nei loro confronti, contano i feriti e lamentano la fatiscenza della struttura, che impedisce di lavorare in sicurezza. La comunità non rimane silente, e l’opinione pubblica si divide tra chi si indigna e chiede la chiusura del Cpr e chi non è disposto a rinunciare a una struttura ‘simbolo di legalità’. Se il nostro obiettivo è raccontare la realtà oggettiva dei fatti, dobbiamo ascoltare più voci.

Per capire le posizioni di coloro che vogliono mantenere aperto il Centro, abbiamo contattato il Segretario regionale del Sindacato autonomo di Polizia (SAP) Lorenzo Tamaro. Recentemente SAP si è espresso contrario al movimento NO Cpr, portando sul piatto l’importanza del centro come luogo di detenzione per gli immigrati irregolari. ‘Arrivare a una chiusura del centro non rappresenta un messaggio di legalità verso i cittadini, ma anche verso gli stranieri che arrivano in Italia in maniera regolare e affrontano correttamente la complessa burocrazia. La chiusura rappresenta un‘ingiustizia anche nei loro confronti, perché le persone trattenute sono in attesa del rimpatrio, dal momento che sono soggetti irregolari e criminali che hanno commesso reati, alcuni anche molto gravi. Dobbiamo considerare che queste persone temono maggiormente i Centri di rimpatrio piuttosto delle carceri: nei primi si sono registrati molti più tentativi di fuga’, espone Tamaro.

Riguardo alla nostra situazione: ‘Uno dei problemi principali del Cpr di Gradisca è la fatiscenza della struttura. Riteniamo necessaria una ristrutturazione integrale, non più interventi parziali e temporanei. Richiediamo degli interventi concreti in seguito ai numerosi e frequenti tentativi di fuga, le rivolte, e l’uso improprio degli oggetti presenti all’interno della struttura. Sulla base delle funzioni e delle necessità di entrambe le parti, si chiede la messa in sicurezza del luogo’. Poi, proprio riguardo questi lavori, il Segretario SAP può confermarne la presa d’atto, infatti dice: ‘Come sindacato abbiamo incontrato il Prefetto di Gorizia, la massima autorità che a livello locale può intervenire sulla questione, per dare voce alla precarietà delle condizioni di lavori delle forze dell’ordine. Il Prefetto ha garantito nel corso della riunione che tutte le necessità vengano soddisfatte in una ristrutturazione imminente’. 

Si parla di ‘telecamere  inservibili,  impianti  di  illuminazione,  di raffreddamento  e  di  riscaldamento  quasi  sempre  malfunzionanti,  cancelli carrai da spingere a mano, impianti idraulici con perdite costanti’, per cui si capisce come le condizioni oggettivamente e umanamente indegne in cui vivono i trattenuti sono motivo di rivolte. Di fronte a ciò, le parole di Tamaro esprimono la posizione del sindacato ‘Vogliamo che le condizioni dignitose per gli esseri umani vengano garantite, ma non è compito della Polizia giudicare se queste condizioni sono in questo momento umane o meno. La ristrutturazione terrà conto dei parametri di sicurezza previsti dalla legge, e si auspica che la messa in regola della struttura possa rendere pacifica la convivenza dei clandestini e il lavoro degli operatori’. Per riuscire ad effettuare i lavori importanti, il centro potrebbe essere chiuso, ma solo temporaneamente. Ma qui sorgerebbe un’altra questione, prontamente spiegata da Tamaro: ‘Il problema che ora sorge è una nuova collocazione fino alla conclusione dei lavori. Non essendoci altre strutture di questo tipo a Gradisca, e in generale in Regione, le persone dovranno essere portate in altre zone dell’Italia. Questo però rappresenta un’ulteriore peso sulle spalle della Polizia’. Una possibile soluzione a ciò? ‘Come SAP abbiamo avanzato anche l’augurio, che poi si traduce in concreta necessità, della presenza di altri Cpr, almeno uno per Regione, anche per dare all’Italia un quadro generale di sicurezza’.

Un altro sindacato, COISP, davanti ai ‘bollettini delle guerriglie’ si indigna e richiama l’Amministrazione, denunciandone l’incuria e l’indifferenza, affinché si decida ad ‘attuare tutte le misure possibili per garantire che i nostri colleghi al termine del servizio facciano ritorno dalle loro famiglie camminando sulle proprie gambe’. Ma leggendo le dichiarazioni di Silf, il sindacato italiano dei lavoratori di Finanza, ci poniamo in piano diverso: Non ci sono più le condizioni per mantenere ancora aperta questa struttura. Con l’aumento del livello degli scontri, che ha causato il ferimento di tre finanzieri e di molti carabinieri e poliziotti, è a rischio la vita delle forze dell’ordine ed è intollerabile. La situazione non è più sostenibile e non può continuare a essere gestita con queste modalità’. A queste parole risponde Tamaro: ‘Dall’incontro con il Prefetto di Gorizia abbiamo capito che all’interno delle forze dell’ordine ci sono varie posizioni, e questa è un esempio. Al momento la Polizia, in particolare la rappresentanza del nostro sindacato, nutre fiducia e speranza che alle parole del Prefetto seguano i fatti: durante la riunione infatti, la voce che si è sentita di più è quella che chiede lavori per mantenere la struttura in sicurezza, e quindi assolutamente aperta.

Ora vediamo le argomentazioni di chi vuole chiudere il centro. In questa sede per rappresentare la controparte abbiamo ascoltato le parole del Sindaco di Gradisca Alessandro Pagotto. Il Sindaco ha parlato anche alla recente manifestazione NO Cpr del 17 maggio, una marcia di circa 200 persone che ‘non riconosce in queste strutture la forma di gestione corretta per l’immigrazione’. Ma cosa significa avere nel proprio comune un centro di rimpatrio? ‘Abbiamo potuto constatare negli anni delle difficoltà. A Gradisca c’è la coincidenza del Cpr e del Cara, e si capisce come la presenza di queste due strutture per una cittadina di poco più di 6000 abitanti ha un impatto forte. Per oltre 20 anni la consapevolezza dell’uso e della gestione di questa struttura ha portato la comunità a sviluppare una certa idea. Anche attraverso atti e mozioni ufficiali del Comune si chiede, non solo per le persone trattenute, ma anche per i lavoratori, gestori, forze dell’ordine, la chiusura dei Centri’.

Si parla al plurale, perché la convinzione di base è che queste strutture non sono in grado di gestire il fenomeno dell’immigrazione. ‘Tenga presente che in tutta Italia le persone trattenute nei Cpr sono una percentuale minima, 1 per cento rispetto alla totalità del fenomeno in oggetto. Attraverso queste forme non siamo in grado di gestire il fenomeno dell’immigrazione clandestina. I Cpr sono manifestazioni di come il Governo vuole gestire gli irregolari, ma non è un sistema efficiente: le persone trattenute vivono in condizioni peggiori rispetto a quelle dei carceri, e per alcuni si parla di lunga permanenza. Non sempre si riescono a trovare degli accordi con i Paesi d’origine dei detenuti in attesa di rimpatrio’. 

Il Sindaco ci tiene a ricordare che le rivendicazioni non si trovano su un piano politico-ideologico, ma umano: lo striscione a capo del corteo di scorsa settimana recitava ‘restiamo umani’. ‘Sappiamo che la modalità di mantenimento non è corretta. Le condizioni, per usare un eufemismo, sono piuttosto dure e poco degne per la gestione di vite umane. Bisogna ammettere che parte delle persone detenute sono accusate di reati gravi, ma è vero anche che altri hanno soltanto il permesso di soggiorno scaduto. La situazione non è accettabile perché prima di tutto siamo umani, e la dignità deve stare al primo posto’. Nel caso di un chiusura definitiva rimane però dell’incertezza sulla gestione concreta del fenomeno. In questo momento la comunità riconosce che ‘bisogna rispettare i ruoli, l’immigrazione non deve essere gestita da un’amministrazione comunale, le normative devono arrivare dallo Stato. Affermiamo però con certezza che quando si lede la dignità umana bisogna fermarsi’. 

Comunque la situazione attuale non è sostenibile, e se non si riesce ad ottenere una chiusura imminente, il gruppo NO Cpr chiede maggiore serietà nell’organizzare vite umane. C’è bisogno in un potenziamento della comunicazione tra gli Stati per riuscire a rimpatriare le persone in meno tempo. Secondo le nuove norme, i trattenuti possono stare nei Cpr per massimo 18 mesi, periodo che non tiene in considerazione il tempo scontato in carcere. Si vengono così a creare situazioni scomode e inspiegabili per i trattenuti, che sono costretti a scontare un’altra pena. Una soluzione può essere raggiunta, come dice il Sindaco, in una ‘ottimizzazione dei tempi, sovrapponendo il percorso amministrativo già in carcere, per garantire minore sofferenza dentro e una riduzione di costi della comunità fuori’.

[a.c.]

Ultime notizie

Dello stesso autore