25.08.2021 – 09.30 – Salvare quel fragile mondo di scienziati formatasi in questi decenni nella capitale Kabul, garantendo un passaggio ai (pochi) ricercatori e professori afghani. È quanto si propone una lettera firmata da oltre 350 ricercatori d’ogni parte d’Italia che ricorda la necessità di preservare quell’embrione di istruzione e università sopravvissuto all’occupazione militare e agli attentati degli ultimi decenni. La lettera è rivolta al Consiglio Nazionale della Ricerca (CNR).
Correva il 2017, quattro anni addietro, quando l’Università degli studi di Trieste propose tra le proprie pubblicazioni il volume “Sicurezza Accessibile. La sicurezza sul lavoro dei ricercatori in zone a rischio geopolitico. Cos’è la normalità tra intelligence e terrorismo?“. Un volume a metà tra geopolitica, breviario di viaggio e dissertazione scientifica, volto a indagare il ruolo del ricercatore nelle nazioni dove la ricerca o non c’è o non è consentita.
Il volume traeva spunto dal trauma allora fresco della vicenda di Giulio Regeni, ma si inseriva al contempo anche in un trend di lunga durata delle istituzioni scientifiche triestine, volto a fornire voce e opportunità agli studenti dei paesi in via di sviluppo, attraverso percorsi mirati e borse di studio. L’ICGEB, ma non solo, è sempre stata capofila in tal senso. Quest’impegno ora prosegue a livello nazionale con una lettera aperta, indirizzata alla Presidente del CNR, la professoressa Maria Chiara Carrozza, e promossa da 350 ricercatori in tutta Italia.
Con riferimento alle tragiche vicende dell’Afghanistan, si richiede specificatamente l’istituzione di “corridoi umanitari dalle Università e i centri di ricerca Afgani verso basi da cui sia possibile raggiungere ponti aerei, per offrire ospitalità nel nostro Paese, presso il nostro Ente, alle studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori, che vogliano completare le proprie ricerche e i propri studi“.
Il CNR, secondo i ricercatori, “è l’unico Ente di ricerca nazionale in grado di accogliere tutte le professionalità e quindi farsi promotore di ospitalità, direttamente o attraverso le numerose collaborazioni con altri Enti di ricerca e Università Italiani”.
Nella lettera si chiede inoltre di “attivare tutti gli strumenti utili alla costruzione di progetti scientifici internazionali, di cui il CNR potrà essere promotore grazie alla sua multidisciplinarietà e lunga tradizione nello studio delle culture”. L’esempio a cui guardare è il caso dell’invasione dell’Iraq, quando “il CNR è stato uno dei principali attori nella ricostruzione del museo virtuale di Bagdad dopo la guerra“. Con simili tattiche “il CNR potrebbe promuovere progetti di interesse storico, culturale e sociale per l’Afghanistan e per lo studio della condizione femminile tra le popolazioni del paese”.
Scorrendo la lista delle firme in calce alla petizione, leggibile su Change.org, colpisce però come siano apparentemente assenti gli istituti di ricerca triestini, con una presenza netta invece delle regioni centrali e meridionali.
[z.s.]