19.03.2025 – 07.01 – L’intelligenza artificiale, nelle sue più recenti applicazioni, è stata considerata come la ‘morte’ delle discipline umanistiche: lo stereotipo vuole che ChatGPT rimpiazzi il copywriter e Midjourney l’artista. Ciò deriva dalla percezione di massa che si è avuta dell’intelligenza artificiale: la gratuità di ChatGPT e, nelle prime fasi, di Midjourney ha reso facile l’utilizzo di questi strumenti, portando a un’inflazione di manifesti generati con uno o due prompt tra associazioni, teatri e autorità pubbliche locali (la Circoscrizione, il piccolo Comune, le micro imprese e così via).
In quest’ambito la percezione generale, in Italia, ha sempre considerato i lavori nel settore tech tutelati da possibili utilizzi delle IA: ambiti sicuri, a confronto con un settore, quale quello creativo e umanistico, già in forti difficoltà prima dell’avvento dell’intelligenza artificiale. Tuttavia la ricezione dell’IA è in Europa, e ancor più in Italia, tutt’oggi in ritardo a confronto con gli ultimi sviluppi negli Stati Uniti; c’è una latenza tecnologica, un ritardo ormai familiare nelle ultime novità dal mondo statunitense e soprattutto nella loro ricezione sul continente.
Scorrendo i titoli e analizzando gli ultimi reportage sul fenomeno (approfondite analisi sono state svolte dal Washington Post e dal New York Times, con molteplici punti di vista), emerge come l’intelligenza artificiale stia venendo sempre più utilizzata in un ambito ritenuto finora protetto, ovvero la programmazione. Se ciò potrebbe preoccupare in Europa, negli Stati Uniti inizia ad esservi un vero e proprio panico tra molti giovani che avevano investito tempo, risorse e accettato lavori a bassa retribuzione pur di entrare nel settore. Dopotutto se in Italia, da qualche anno, c’è un duplice sforzo per introdurre coding e programmazione nelle scuole e, al contempo, si propongono corsi di sei mesi o poco meno onde imparare linguaggi di programmazione, negli USA l’esortazione ‘learn to code‘ (impara a programmare) era diventata uno slogan diffusissimo a partire dal 2010/15.
In particolare, come d’altronde avvenuto anche in Italia negli ultimi anni, i corsi per imparare a programmare erano stati proposti come una soluzione veloce per trovare un lavoro con una buona paga, specie per chi non aveva una laurea. Dopotutto quale lavoro viene continuamente richiesto e si ripete, fino alla nausea, che manca? Programmatori di software ad ogni livello e ad ogni settore. Gli Stati Uniti avevano raccolto la sfida, incoraggiando corsi ad hoc dalle università e dalle scuole private: in particolare avevano avuto grande successo i ‘boot camp‘ dove lo studente veniva formato nell’arco di pochi mesi. Una ricerca ancora del 2020 segnalava come il 79% di chi imparava a programmare, seppure a un livello superficiale quale la preparazione fornita da un corso di appena sei mesi, veniva assunto nel settore tecnologico, conseguendo una paga superiore al 56% del lavoro precedente. Un’alternativa allettante, specie per chi era appena reduce dal servizio militare o da impieghi nel campo dell’edilizia.
Tuttavia, se si confrontano i dati del 2020 col 2022, si nota un brusco calo nelle assunzioni di programmatori negli USA; e non è un caso, perché si tratta dello stesso anno in cui l’intelligenza artificiale conobbe un primo diffuso utilizzo tra le aziende.
L’articolo ‘Should You Still Learn to Code in an A.I. World?’ di Sarah Kessler del New York Times ricordava il seguente passaggio da parte del team di AI di Google, il noto ‘DeepMind’, con riferimento al suo nuovo modello di intelligenza artificiale chiamato AphaCode: “è come avere un programmatore alle prime armi con qualche mese o un anno di studio”. Si trattava della descrizione perfetta di chi, in quel momento, si era formato presso i ‘boot camp‘ per programmatori.
La situazione, nel frattempo, non è affatto migliorata negli USA: una delle realtà più note nel settore, ovvero Launch Academy, ha bloccato a tempo indefinito i propri corsi, perchè le probabilità di essere assunti erano crollate dal 90 al 60%.
E le offerte di lavoro per sviluppatori di software? Anch’esse sono scese del 56%; una percentuale che si aggrava al 67% per chi è un programmatore alle prime armi o senza esperienza lavorativa.
E l’intelligenza artificiale non accenna a fermarsi, anzi: ChatGPT, nella versione premium, può scrivere codice; strumenti come AlphaCode da Google e Copilot da GitHub possono generare strisce di codice per testare, ottimizzare o trovare bug nei software.
E tra gli sviluppatori attivi nel settore oltre la metà (60%) ha ammesso di aver utilizzato nel 2024 una qualche forma di intelligenza artificiale per scrivere righe di codice. L’informazione infatti è basata su un campione statistico di 65mila sviluppatori ed è stata condotta a maggio 2024 da StackOverflow.
Quali potrebbero essere le soluzioni? Il ritardo tecnologico italiano, specie a livello di competenze nelle materie scientifiche impartite a scuola, comporterà che l’IA si diffonderà quale strumento per programmare con un considerevole ritardo; dopotutto persino in Inghilterra i ‘boot camp‘ per imparare linguaggi di programmazione riscuotono forte successo. E d’altronde imparare a programmare, al di fuori dei corsi intensivi, garantisce un set di strumenti e di competenze superiori all’IA. Tuttavia è indubbio che, come sta avvenendo per il settore umanistico, anche quello tecnologico verrà egualmente colpito. La Silicon Valley già lamenta la figura della ‘scimmia da GPT‘, cioè il programmatore giovanissimo munito dai superiori di strumenti a base di intelligenza artificiale e relegato a ruoli ripetitivi e/o senza importanza. I programmatori invece con anni di esperienza alle spalle si stanno rivelando asset fondamentali, perchè in grado di individuare allucinazioni ed errori dell’intelligenza artificiale; tuttavia sono sempre più rari e l’impossibilità, per le giovani leve, di fare esperienza a causa della concorrenza dell’intelligenza artificiale, si sta rivelando un grande problema.
Molte scuole per la programmazione – e ciò sta arrivando con lentezza anche in Italia – stanno provando ad offrire corsi in ‘competenze IA‘, fornendo gli strumenti onde utilizzare l’intelligenza artificiale al meglio. Tuttavia, in un panorama tanto frastagliato e in rapida evoluzione, un corso su ChatGPT rischia di essere sorpassato nell’arco di pochi mesi, a fronte della continua competizione delle grandi potenze. (Deep Seek docet). Tutti chiedono, anche in sede di colloquio, capacità di saper utilizzare l’IA; pochi però sanno davvero cosa chiedono e che cosa siano queste fantomatiche competenze nell’intelligenza artificiale.
[z.s.]