17.04.2025 – 10:51 – Graziato dalla pioggia, il corteo per sensibilizzare sui recenti femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella, e di tutte le altre donne vittime della violenza del patriarcato, è partito il 15 aprile intorno alle 16 dal Parco della Rimembranza, per poi arrivare fino a Piazza della Vittoria. Il presidio è stato organizzato dal goriziano centro culturale Chiavi della Voce, con l’aiuto di alcune realtà esterne, come Noemi, del Fronte della Gioventù Comunista, e Beatrice di Unione degli Studenti, che collabora più attivamente con il gruppo di Chiavi della Voce. ‘Per Sara, Ilaria e tutte, lottiamo unite!’, ‘Con o senza panchina, vengo uccisa lo stesso’, (la panchina in questione è quella del Giardino Pubblico di Corso Verdi), sono gli striscioni capofila del gruppo di attivisti.
Si è trattato di una manifestazione che, sulla scia delle mobilitazioni del movimento femminista ‘Non una di meno’, vuole far sentire la sua voce con cori come ‘Ma quale Stato, ma quale Dio, sul mio corpo decido io’ e ‘Per ogni donna uccisa non basta il lutto, pagherete caro, pagherete tutto’. Questi sono sguardi estremamente lucidi che si scontrano con la piaga sociale dei femminicidi attraverso una rabbia costruttiva: si comunica un messaggio chiaro, si chiedono tutele, si fonda il ricordo. Ma, allo stesso tempo, il gruppo è unito da una rabbia de-costruttiva, la rabbia di chi riconosce che dietro a un femminicidio è presente un uomo legittimato dal sistema patriarcale, la rabbia di chi vede queste situazioni ripetersi uguali, indisturbate, ma non meno crudeli, da sempre. ‘Non violenza episodica, ma sistematica: il femminicida non è malato, ma figlio sano del patriarcato’.
Ma, affinché queste donne siano veramente le ultime, la denuncia deve concretizzarsi: si chiede maggiore sensibilità, maggiore coscienza sociale e consapevolezza sulla violenza di genere, invitando a una riflessione che va oltre l’8 marzo e il 25 novembre. ‘Se vedete che una donna sta subendo una molestia, fate qualcosa, non state lì a guardare. Le piccole azioni fanno la differenza e prevengono violenze sessuali, molestie, ingiustizie. Non pensate che le piccole azioni non possano salvare vite. Non siate indifferenti di fronte alla violenza di genere, attivatevi per distruggerla. Nelle nostre piccole città e nelle nostre vite siamo in grado di fare la differenza e dare giustizia a un sistema che ci opprime, in quanto donne’ dice Ketrin. Di fronte al Municipio, con sdegno e critica, Alicya parla così della cecità dello Stato: ‘Il nostro Governo presenta in Parlamento il 7 marzo un nuovo disegno di legge per l’introduzione del reato di femminicidio’ in cui ‘i requisiti citati andrebbero ad aggravare il reato di omicidio, per cui l’ergastolo risulterebbe essere pena certa per un uomo che uccide una donna in quanto tale… non un grande cambiamento rispetto alle pene già previste per un omicidio aggravato da circostanze di stalking, o per un omicidio commesso da un partner/coniuge/convivente.’
A muovere il corteo e portare questo tipo di lotta per le strade di Gorizia è il circolo di Chiavi della Voce, di cui fanno parte otto giovani donne: Stella, Emma, Letizia, Alicya, Matilde, Ketrin, Laura e Francesca. Questa attività nasce nel novembre 2023, nei giorni di sgomento in seguito al femminicidio di Giulia Cecchettin: di fronte a questa rabbia, come si diceva prima, hanno voluto costruire qualcosa, in particolare uno spazio di riflessione in cui tutti potessero sentirsi ascoltati e al sicuro. Il circolo, destinato a crescere diventando associazione, è impegnato nella divulgazione e sensibilizzazione sul mondo del femminismo, senza scoraggiarsi di fronte a chi lo critica, nonostante non sappia cosa sia, dicendo ‘non sono femminista perché le donne non sono migliori degli uomini’.
Dal momento che la questione femminile è un problema che si manifesta non solo sul piano sociale, ma anche politico ed economico (basti pensare alla disparità salariale, al tasso di occupazione femminile, al peso del ruolo genitoriale e del lavoro domestico), è fondamentale educare al rispetto, non alla paura, all’amore, non il possesso, all’uguaglianza, alla solidarietà. Una svolta concreta verso una società migliore sarebbe quindi un corso obbligatorio, all’interno delle scuole, dedicato all’educazione sentimentale.
Riecheggiano quindi le parole della filosofa esistenzialista Simone De Beauvoir che in ‘Il secondo sesso’, pilastro del pensiero femminista, ci porta a ripensare il concetto stesso di donna, per cui ‘la donna si determina e si differenza in relazione all’uomo, non l’uomo in relazione a lei; è l’inessenziale di fronte all’essenziale. Egli è il Soggetto, l’Assoluto: lei è l’Altro’. Infatti, come citava un cartellone della manifestazione ‘io sono ed esisto, penso e resisto, anche senza di te!’.
[a.c.]