27.01.22-21.00-Alla presenza di autorità civili e militari, oggi 27 gennaio, per la cerimonia organizzata dall’ANED per la Giornata della Memoria, erano presenti numerosi cittadini ed il sindaco Livio Vecchiet accanto al monumento costruito nel 1987 in ricordo dei deportati. Il pensiero è andato inoltre a tutti i ronchesi non rientrati dai campi di concentramento. “(…)L’olocausto rappresenta l’evento più sconvolgente del XX secolo, ma l’olocausto rappresenta il culmine della persecuzione del popolo ebraico, un genocidio che parte in realtà nel culto dell’antisemitismo inserito nella cultura della Germania già alla fine del 1800, alla quale tutti si adeguarono, in pratica le nuove generazioni agli inizi del 900, avevano nel loro patrimonio culturale personale, direi quasi genetico, l’odio verso gli ebrei, ci sono libri che spiegano quanto fu determinante la cultura antisemitica per sviluppare la persecuzione degli ebrei che portò all’olocausto. È fondamentale quindi dire che l’olocausto non è solo frutto della follia dei militari tedeschi, ma quando si parla di olocausto va ricordato il ruolo che hanno svolto i cittadini comuni. Milioni di persone morte facendo spesso divertire i loro carnefici, pensate che addirittura tanti militari tedeschi avevano l’abitudine di recarsi dopo i pasti quasi fosse un digestivo ad ammazzare altre persone. A questo genocidio partecipavano anche i civili che oltre ad essere presenti a queste esecuzioni massa, come se fosse uno spettacolo, chiedevano e ottenevano il permesso di ammazzare loro stessi queste persone, l’uccidere gli altri era un divertimento.
La data di oggi viene celebrata anche in tanti altri stati in ricordo dello sterminio del popolo ebraico, i tedeschi tolsero la vita a sei milioni di ebrei, un numero incredibile.
Ma l’olocausto ha avuto anche conseguenze su coloro che si sono salvati, queste persone si immersero nella solitudine, all’angoscia esistenziale, in quanto con la liberazione tantissimi si accorsero di avere perso tutto, la famiglia, i parenti, gli amici, il sapere di essere libero non provocò in loro alcuna reazione (…)”