- Sono componenti essenziali del paesaggio
- regolano i flussi idrici
- trasportano i sedimenti
- mitigano e compensano i cambiamenti climatici
Ruolo importante è anche quello della vegetazione fluviale in quanto:
- protegge dall’erosione di sponda
- ombreggia le acque mantenendo temperatura ed ossigenazione
- abbatte gli inquinanti
- apporta nutrienti
- offre rifugio per la fauna
Proprio per questi motivi anche nelle città si stanno cercando di creare dei “corridoi ecologici” che collegano le aree verdi con quelle circostanti. “Nelle nostre zone potrebbero essere recuperate anche la roggia de Clici e la roggia Revoc” conclude Tortul. Subito dopo è intervenuta l’archivista Desiree Dreos che ha parlato del significato profondo delle zone naturali custodite fino ad oggi e di come le carte servano a dimostrare questo valore. La dottoressa ha quindi riportato le prime notizie grafiche della roggia che risalgono già al 1723. “L’Isonzo a quei tempi non era all’interno di argini ed inoltre la sua foce era un delta in continuo mutamento: grande risorsa, quindi, ma anche un problema per gli abitanti del territorio, che a volte si ritrovano all’asciutto mentre altre si ritrovavano invasi da queste acque che erano spesso torrentizie.” Da lì, ci si è ricollegati ai primi toponimi storici conosciuti che sottolineano la presenza di questi corsi d’acqua, tra essi “brodez”, uno dei toponimi più antichi della roggia di San Canzian, datato fine XVI secolo e derivante dallo sloveno indicante un “piccolo tratto poco profondo di fiume”, andando quindi a specificare che non si parlava di una semplice roggia, ma di una che ha origine da un corso di fiume più grande. Altro toponimo è “cantoni o canton”, ritrovato negli anni Venti del 1800 nel catasto austriaco, che identifica la zona a sud-est della roggia. In quel punto finiva il tragitto rettilineo e la linea diventava spezzata, creando questi ‘cantoni’ secondo angolature ben definite nel paesaggio. “Moriscoviza” indica poi una fetta di territorio su cui era presente un mulino, ovvero la zona nei pressi del mulino del Rondon. “Patoch o potoch”, infine, risale agli inizi del Settecento e sta ad indicare la roggia ma anche il paesaggio circostante, ovvero la terra o il corso d’acqua della parte più settentrionale del rio. Si nota, quindi, come ogni tratto di roggia cambiava nome a seconda delle caratteristiche paesaggistiche diverse in cui si trovava.
Lo sfruttamento di queste risorse era comunque in mano a pochi eletti, visto che mulini e boschi erano appunto sotto i più ricchi. In conclusione, l’intervento del capo ufficio progettazione dell’ente Emiliano Biasutto che ha parlato dell’intervento della roggia come acqua pubblica di proprietà del Consorzio della Bonifica del FVG :”L’intervento si concentra sul primo tratto che scorre nei campi e in maniera più consistente nella parte terminale. Per quanto riguarda la sorgente, verrà effettuata una rapida pulizia delle presenze infestanti in zona; successivamente si pensa di effettuare un piccolo accordo tra le due sponde, destra e sinistra, creando una specie di stagno ovvero una zona quasi lacustre che permetta alla sorgente di avere più spazio d’uscita; infine andremo ad installare una staccionata nei pressi dello stagno e della cartellonistica storica-naturalistica”. Per quanto riguarda la parte conclusiva: “Verrà stabilita l’installazione e la piantumazione di essenze alboree a macchia, senza creare però una barriera vegetale continua. Si andranno, inoltre, a re-inverdire le due banchine.” Tutto ciò andrà a creare un movimento della vegetazione della roggia. “Abbiamo riscontrato un po’ di problematiche sulla sponda sinistra, ad esempio un’attività agricola troppo spinta e troppo vicina al ciglio; inoltre la presenza di tane -oltre che delle nutrie- del gambero rosso della Louisiana. Per questi motivi si andrà a regolarizzare la situazione con un intervento di ingegneria naturalistica (ad esempio tramite pali di legno e drenaggio).”
Michela Porta