16.08.2023 – 09.00 – Che fine ha fatto il buco dell’ozono? Risposta breve: in parte c’è ancora, ma oggi è meno minaccioso di quanto fosse in passato. La riduzione dell’ozonosfera, la sottile fascia di ozono situata nella stratosfera in una distanza compresa tra 15 e 35 Km dalla superficie terrestre, è stata considerata un’urgenza ambientale nei decenni passati, al punto che negli anni ‘80 si è intervenuti con il Protocollo di Montreal per limitare gli agenti ritenuti i principali responsabili del fenomeno. Oggi tuttavia sembra che l’emergenza sia rientrata, come confermano i dati più recenti.
Ma andiamo con ordine. Cos’è l’ozonosfera? È un strato di ozono di vitale importanza poiché opera un’azione di filtro per le radiazioni ultraviolette emesse dal Sole, in particolare le UV-C che costituiscono un pericolo per gli organismi, uomo compreso. La dimensione di tale strato ha un andamento ciclico anche all’interno dello stesso anno, con fluttuazioni su cui intervengono sia fattori che ne promuovono la sintesi, come l’azione del Sole sulle molecole di ossigeno (cosa che avviene soprattutto alle latitudini tropicali), sia altri che ne riducono la consistenza. Tra questi c’è la naturale circolazione dell’ozono stesso e l’azione di alcune sostanze altamente reattive che deteriorano la molecola di ozono, come i famigerati clorofluorocarburi (CFC). Il Protocollo di Montreal, siglato nel 1987 ed entrato in vigore due anni più tardi, ha contribuito a una riduzione drastica del rilascio in atmosfera di questi composti, stimata intorno al 99% del totale, come si vede nell’immagine (fonte Our World in Data). Una notizia doppiamente positiva perché i CFC, oltre a deteriorare l’ozonosfera, hanno anche un effetto serra e una loro circolazione non regolata contribuirebbe a esacerbare il riscaldamento globale. Lo spiega un rapporto delle Nazioni Unite di inizio 2023, in cui si chiarisce anche che il fenomeno del buco dell’ozono è in progressivo miglioramento e potrebbe risolversi entro i prossimi 40 anni, cioè prima del 2066. Tuttavia affinché le tracce dei CFC svaniscano completamente dall’atmosfera terrestre servirà un intervallo di tempo ancora più lungo, probabilmente un secolo.
Gli effetti ottenuti sul buco dell’ozono costituiscono un precedente per quanto riguarda l’azione modulatoria che l’uomo può esercitare su clima e ambiente, come ha sottolineato il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale Petteri Taalas: “Il nostro successo nell’eliminare gradualmente le sostanze chimiche che consumano ozono ci mostra cosa si può e si deve fare con urgenza per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l’aumento della temperatura”. Certo i due fenomeni sono, per dimensioni, difficilmente accostabili, essendo le concentrazioni di gas serra (su tutti la CO2) in atmosfera di ordini di grandezza maggiore rispetto ai CFC e considerando che una riduzione degli stessi richiederebbe misure più radicali e impattanti sulla vita delle persone.

[p.l]